È possibile un nuovo futuro per il turismo in montagna dopo il Covid-19? Più che possibile, è necessario, se il turismo in montagna intende diventare l’elemento trainante (ma trainante per davvero) dell’economia delle nostre valli. Questo particolare momento storico, pur nella sua drammaticità, offre una potente leva di rilancio del turismo montano, ma solo per chi sarà in grado di creare un nuovo mercato. Creandolo, lo vedrà crescere prima degli altri e, prima degli altri, ne beneficerà.
Un nuovo mercato per il turismo in montagna deve naturalmente partire dalla visione innovativa degli imprenditori e dalla lungimiranza degli amministratori, oltre che da una forte carica comunicativa in grado di elaborare le strategie più efficaci. Sarebbe un peccato se tutto tornasse semplicemente come prima e le valli alpine ricominciassero a limitarsi a cercare di primeggiare le une sulle altre a suon di slogan sull’aroma inimitabile dei propri formaggi o sui riflessi cangianti dei propri laghi. Valori fondamentali, intendiamoci, ma sulle nostre montagne – e in montagna in generale – c’è di più, molto di più, c’è l’anima di chi ci vive da generazioni e che può davvero costituire l’elemento innovativo del turismo in montagna e, in particolare, nelle valli del Piemonte. Un turismo che non deve sostituirsi a quello esistente, ma deve semplicemente aggiungervisi.
È la legge del marketing, da sempre. Chi riesce a creare un nuovo prodotto prima degli altri parte avvantaggiato, ma chi più che un nuovo prodotto sa creare un mercato nuovo ha già vinto. Ci è capitato spesso di sentire, in queste settimane, operatori turistici o amministratori di Comuni montani dirsi soddisfatti perché dopo il lockdown hanno visto turisti riversarsi in massa sulle proprie montagne, portando incassi superiori a quelli storicamente registrati nel mese di agosto, momento culminante della stagione. Fantastico, ma guai se la vendita di qualche aranciata in più (o, per i più fortunati, di qualche polenta con camoscio in più) venisse scambiata per un’opportunità di rilancio del turismo in montagna.
Negli ultimi fine settimana, nonostante il tempo incerto, la maggior parte delle valli del Piemonte è stata presa d’assalto da famiglie che giustamente cercano sollievo dopo il lockdown: cercano aria pura, cercano di tornare a respirare e, per varie ragioni di cui magari parleremo la prossima volta, scelgono la meta più vicina a casa, scoprendo talvolta una bellezza che non conoscevano. Poi alla sera passano due ore in coda per rientrare a casa. Anche ieri, nonostante il tempo incerto, le strade delle nostre valli sono state intasate pressoché ovunque all’ora del rientro e si sono registrate code mai viste in tempi normali. Un disagio accettabile per tutti, certamente: per gli operatori in cambio di incassi maggiori e per gli stessi turisti a fronte di una giornata rigenerante. Tuttavia non siamo sicuri che sia questo, il rilancio del turismo in montagna. Questo, piuttosto, è traffico. Che tornerà a normalizzarsi, non appena avremo superato gli effetti – sociali, prima che economici – della pandemia.
Guai, dunque, se ci lasciassimo sfuggire questa occasione, guai se trascurassimo la potente possibilità che abbiamo di far innamorare della montagna, delle nostre valli (ciascuno della propria), un turismo nuovo, in grado di far vivere la montagna tutto l’anno, di entrare in simbiosi con l’anima autentica di chi ci vive e di creare un circolo virtuoso che apra un nuovo ciclo. Riflessioni di qualche visionario? No, semplice marketing. Che da sempre vince non creando un nuovo prodotto ma creando un nuovo mercato. Altrimenti, fra poco, rischiamo di ritrovarci a contare malinconicamente i vuoti delle aranciate.
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